8 Dicembre 2021 – Nelle parole dell’Arcivescovo gli auguri a tutti i soci di AC per la festa dell’adesione
Carissimi,
anche quest’anno voglio farvi giungere, in occasione dell’8 dicembre, il mio saluto affettuoso e il mio apprezzamento, per una costante e profonda dedizione alla formazione e all’educazione in modo particolare dei più giovani. La “festa dell’adesione” si celebra nello stesso giorno della festa di Maria Immacolata. Paolo VI rivolse ai laici di Ac l’8 dicembre 1968 parole che sono ancora attualissime. Tre erano i pensieri che “occupavano lo spirito” di Paolo VI l’8 dicembre 1968: “la celebrazione della festa di Maria Immacolata, la commemorazione del centenario dell’Azione Cattolica in Italia, e la ricorrenza del terzo anno dalla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II”. Per il pontefice era chiaro che “La Madonna, la Madonna Immacolata, domina dall’alto la scena… Maria ci fa vedere come la bellezza e la bontà, l’avvenenza e la virtù, sono in lei riunite con armonia unica, in lei mai punto turbata… tutto è nuovo, tutto è santo in questa creatura, la cui perfezione sembra allontanarla senza confronto da noi, e la cui missione invece avvicina a noi come sorella, come madre, come speranza a tutti accessibile…” Oggi, per educare, lo sappiamo, si fa una grande fatica: ci si sente scoraggiati e incerti: dopo tanti anni di libri, conferenze, consigli, gli educatori, come anche i genitori, si sentono stanchi e poveri di energie, sopraffatti dalla sensazione di essere soli davanti a qualcosa che li sovrasta. Niente sembra garantire la riuscita del compito, niente assicura che i nostri ragazzi cresceranno sereni, che schiveranno i molti pericoli che ci spaventano, che avranno una vita buona, che sceglieranno la via del Vangelo. Si ha la sensazione di un ‘troppo’ che stanca e confonde, spingendo alla rinuncia. Forse è giunto il momento di tornare all’essenziale e domandarci qual è il vero cuore del rapporto educativo: cosa può fare di noi, malgrado i nostri limiti, la risorsa migliore per i nostri ragazzi permettendoci di dare risposta alla fiducia che ripongono in noi. Un buon rapporto educativo richiede soprattutto passione, fiducia e speranza. Hanno bisogno di vedere in noi i testimoni della promessa che vivere appassiona, che vivere ‘vale la pena’. Quando affermiamo che qualcosa ‘vale la pena’, diciamo appunto questo: che ci sono anche una pena e una fatica da sopportare, ma che sono una piccola cosa rispetto al valore verso cui tendiamo. Testimoniamo l’esistenza di un senso, di una felicità possibile: esiste per noi qualcosa di vitale che ci fa alzare al mattino, uno scopo per cui lottare, qualcosa che va al di là della pura soddisfazione dei bisogni e che tiene aperto il futuro. Proprio per questa apertura al futuro è però indispensabile anche un atteggiamento di fiducia: non tutto è stato detto, non tutto è stato fatto, e i nostri ragazzi sono sempre e comunque, generazione dopo generazione, i portatori potenziali dell’inedito e dell’imprevisto; possono ancora inventare, possono ancora stupirci, possono ancora rendere il mondo un posto migliore, purché diamo loro il credito che merita ogni nuova vita. Non hanno bisogno di trovare in noi risposte già confezionate a tutte le domande: hanno bisogno piuttosto che sappiamo suscitare e tenere aperte le loro domande, senza venire sopraffatti dal nostro bisogno di dare buoni consigli e buone soluzioni, o convinti che le soluzioni migliori siano in ogni caso le nostre. Hanno bisogno di inventare di nuovo la vita, sorretti dallo sguardo fiduciosi di chi li ama: sguardo che dice ‘credo in te, ce la farai’, sguardo di curiosità autentica per l’imprevisto e il nuovo che ogni figlio può portare nel mondo. La nostra passione e la nostra fiducia, però, non possono nascere nel vuoto: hanno bisogno di un fondamento, e questo fondamento è il Vangelo. Il “terreno della semina” (l’umano dei nostri ragazzi) va preparato, altrimenti le nostre fatiche per raccontare e far conoscere Gesù saranno vane. Papa Francesco incontrandovi il 30 aprile scorso, è voluto partire dalle tre parole del vostro nome: “…azione, cattolica e italiana… La pandemia ha mandato all’aria tanti progetti, ha chiesto a ciascuno di confrontarsi con l’imprevisto. Accogliere l’imprevisto, invece che ignorarlo o respingerlo, significa restare docili allo Spirito e, soprattutto, fedeli alla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo…”
Siamo nel tempo di Avvento. Nell’icona del vostro cammino annuale, Gesù nella sinagoga di Nazareth, è racchiuso il senso dell’attesa (gli Ebrei aspettavano il Messia) ma anche il rischio di una tale chiusura in se stessi e nelle proprie abitudini (“abbiamo sempre fatto così!) da esserne schiacciati (non solo non lo hanno riconosciuto ma volevano anche ucciderlo…). Il papa vi ha anche detto: …. Vi invito allora a far sì che la ricerca di una sintesi tra Parola e vita, che rende la fede un’esperienza incarnata, continui a caratterizzare i percorsi formativi dell’Azione Cattolica… Mettete al centro “…la gratuità, l’umiltà, la mitezza… In questo senso la vostra Associazione costituisce una “palestra” di sinodalità, e questa vostra attitudine è stata e potrà continuare ad essere un’importante risorsa per la Chiesa italiana, che si sta interrogando su come maturare questo stile in tutti i suoi livelli. Dialogo, discussione, ricerche, ma con lo Spirito Santo. Essere “palestra di sinodalità”: credo non possa esserci definizione migliore e più gratificante per un’associazione di laici che cercano di seguire e di annunciare il Vangelo. Palestra è un luogo dove tutti possono e devono allenarsi. A questo proposito voglio cogliere l’occasione per invitare tutte le parrocchie e i parroci della Diocesi ad “andare in palestra”, pensando particolarmente ai bambini, ai ragazzi e ai giovani: accogliere e lanciare l’esperienza di AC in tutte le parrocchie sarebbe un bel segnale di una vera e propria esperienza sinodale. Ed è ancora papa Francesco che in un video messaggio ai catechisti di pochi giorni fa ha detto: è necessario “…aprire nuove strade, usando creatività, coraggio, con gioia e molta pace… Preghiamo insieme per i catechisti, chiamati ad annunciare la Parola di Dio, affinché ne siano testimoni con coraggio e creatività, con la forza dello Spirito Santo, con gioia e con molta pace…”
Auguri di un fecondo cammino sinodale e di Avvento.
Il vostro arcivescovo