La storia del Prodigio Eucaristico
PRODIGIO EUCARISTICO DI SIENA
La storia in sintesi [1730- 2014]
Note a cura dell’Arcivescovo Antonio Buoncristiani
Premessa
Quella del "Prodigio Eucaristico" di Siena è oramai una storia di quasi 3 secoli (284 anni) che, nel trascorrere degli anni si manifesta come un "prodigio" sempre più straordinario per il fatto che le particole di pane azzimo, per loro natura, non subiscono alterazioni al massimo solo per qualche anno. E ciò - nella nostra storia - è stato dimostrato più volte (tra una ricognizione e l’altra) con l’esperimento ufficiale di conservare nello stesso luogo e alla medesime condizioni alcune particole non consacrate che poi successivamente vennero trovate del tutto rovinate.
Per comprendere il "quasi silenzio" tra gli anni 1730 e il 1914 è da tener conto di un tempo particolarmente segnato da tragici avvenimenti storici con veri e propri rivolgimenti politici che coinvolsero il Convento e la Chiesa di San Francesco dove le SS. Particole sono custodite. Con la soppressione napoleonica, nel 1815 l’edificio sacro venne affidato al Parroco di S. Pietro a Ovile al quale succedettero i Domenicani e poi, nel 1856, vi fu trasferito, da San Giorgio in Pantaneto, il Seminario Arcivescovile; dal 1891 la chiesa venne occupata per lunghi lavori di trasformazione per riportarla alla purezza originaria e solo nel 1912 i Francescani Minori Conventuali vi fecero ritorno. Tutti questi cambiamenti vennero inevitabilmente ad incidere sulla più o meno accurata tutela delle SS. Particole e ad interrompere tante inveterate tradizioni religiose.
Un secolo oscuro poi seguito immediatamente dalle due Guerre Mondiali, che spiega i lunghi tempi di "silenzio" di un culto tanto importante che avrebbe ancora bisogno di essere valorizzato ed anche pubblicizzato correttamente come un "prodigio" unico nella storia dell’Eucaristia, per la permanenza di una "Presenza" (come venne sottolineato da S. Giovanni Paolo II nella sua visita a Siena nel 1980) particolarmente significativa.
A tale riguardo - per il passato - è da rilevare una certa trascuratezza soprattutto dal 1854 al 1914 quando l’Arcivescovo Prospero Scaccia si premurò di procedere ad una vera e propria ricognizione scientifica prima di portarlo all’attenzione del Congresso Eucaristico Internazionale di Lourdes (22-26 luglio 1914).
Gli avvenimenti
Alla vigilia dell’Assunta del 1730, mentre l’intera popolazione era assiepata in Cattedrale per la celebrazione del "Corteo dei Ceri e dei Censi", omaggio civile storico della Città di Siena alla sua Patrona, alcuni malfattori si introdussero nella Chiesa di San Francesco dei Frati Minori Conventuali dove, rotta la porticina del Tabernacolo, si impossessarono della Pisside che conteneva circa 350 particole da poco consacrate. Il furto sacrilego venne scoperto solo durante la Celebrazione Eucaristica del giorno seguente e l’allora Arcivescovo Alessandro Zondadari (1715-1745) ordinò digiuni e pubbliche preghiere di riparazione.
Il 17 agosto le SS. Particole vennero ritrovate nella cassetta delle elemosine della vicina Collegiata di S. Maria in Provenzano, fra soldi, polvere e ragnatele; dopo l’ufficiale verifica dell’Autorità ecclesiastica, vennero riportate processionalmente nella Chiesa di San Francesco con solenni dimostrazioni di riparazione e poi di ringraziamento indette dallo stesso Arcivescovo.
Seguì un intervallo di 50 anni di silenzio, sino all’aprile 1780 quando, in seguito ad una visita canonica, il Ministro Generale dei Francescani P. Giovanni Carlo Vipera, contandone oramai 230 con frammenti e mezze particole, ritrovò le Ostie in un corporale dentro una cassetta di legno (conservata nella parte superiore del gran ciborio dell'altar maggiore) e le fece riporre in un calice d’argento ricoperto da una palla.
Il "prodigio" è iniziato proprio dal fatto della loro "non consumazione" da parte dei Padri Francescani, sia per motivi igienici (è da tener conto che erano tempi di carestie e forse di pestilenze) o per altro motivo le cui motivazioni ci sfuggono.
Nel 1789, durante la Visita Pastorale (7-9 febbraio) dell’Arcivescovo Tiberio Borghesi (1772-1792), se ne fece la ricognizione, mettendo a verbale le deposizioni di alcuni Frati che testimoniarono la continuità della tradizione dell’ormai lontano episodio. Le SS. Particole, esaminate "con la lente e col tatto furono trovate consistenti, lucide e fresche come se fossero fatte d’allora"; e perciò venne ordinata una conservazione più onorevole in una pisside d’argento, con vetro incassato nel coperchio; in tale occasione fu anche stabilito un parallelo esperimento con ostie "non consacrate" da conservare separatamente.
Il memoriale stampato nel 1799, precedente alla nuova ricognizione decisa dall’Arcivescovo Card. Anton Felice Zondadari (1795-1823) per il 12 luglio, evidenzia come il ricordo del furto sacrilego fosse stato mantenuto solo in alcune famiglie pie della Città, non estendendosi all’intera popolazione; per tale ragione i Francescani avevano chiesto di poter portare le SS. Particole in una solenne processione di ringraziamento per la liberazione dal dominio francese e il conseguente ritorno dall’esilio del Granduca di Toscana Ferdinando III. Prima di concederne il permesso, l’Arcivescovo volle che venisse accertata di nuovo ufficialmente la loro perfetta conservazione e, a tale scopo, nominò una Commissione di giudici ed esperti che rilevarono come "dette Particole sono resistenti, lucide nella loro superficie come essere l’ostie fatte di fresco, per quanto sieno di colore un poco scure, sono prive d’odore e sono di buon sapore … dell’azzimo, rilevandovi … un poco di stantio che non toglieva in alcun conto il sapore dell’ostia". A conclusione - con una Lettera pastorale - venne indetta la richiesta solenne processione per il 28 luglio ("con dette Particole e con altra consacrata il mattino").
Nel 1815, in seguito all’incidentale rottura del cristallo della pisside durante la processione del Corpus Domini, il 15 giugno, il Card. Zondadari procedette ad una nuova ricognizione.
L’11 settembre 1854 fu l’Arcivescovo Giuseppe Mancini (1824-1855) che volle verificarne lo stato di conservazione in una Celebrazione Eucaristica durante la quale egli stesso ed altri due celebranti consumarono un’intera Particola ed alcuni frammenti; l’accuratissima ispezione rilevò le medesime condizioni messe in evidenza nel 1799.
Sono seguiti poi altri 60 anni di silenzio, sino a quando i Francescani potettero ritornare a San Francesco dopo la soppressione napoleonica del Convento e il P. Felice M. Spée si fece propagatore del «Tesoro Eucaristico», definito tale proprio per la sua vera e propria "riscoperta" dopo tanto oblio e trascuratezza. Fu lui a sollecitare l’Arcivescovo Prospero Scaccia (1909-1932) a porlo all’attenzione di tutta la Chiesa.
Ciò avvenne con la decisione di sottoporre le SS. Particole ad un’accurata indagine scientifica affidata ad un prestigioso gruppo di specialisti (Dr. Siro Grimaldi, Professore di Chimica Bromatologica - Dott. Luigi Simonetta, Professore Pareggiato di Igiene - Dr. Carlo Raimondi, Professore di Materia medica - Dott. Mansueto Delaini, Assistente dell'Istituto di Fisica; tutti dell’Università di Siena), di osservatori (tra i quali il B. Giuseppe Toniolo, professore all’Università di Pisa, in qualità di Perito Legale) e alla presenza di testimoni ecclesiastici e laici.
Nella ricognizione, avvenuta il 10 giugno 1914, agli esperti era stato affidato l’incarico di verificare anzitutto se le SS. Particole erano realmente costituite di pane azzimo, infine se erano o meno in stato di conservazione normale o alterato.
Dal relativo Verbale, custodito nell’Archivio Arcivescovile fra gli Atti della Curia, risulta tra l’altro quanto segue:
«Riguardo alle Particole, non soltanto quelle sottoposte al primo strato, ma anche le superficiali, erano in apparenza ben conservate e senza alcun segno di alterazione od ammuffimento, né guaste per azione di tarli o di altri parassiti proprii dei prodotti farinacei. Si presentavano di forma rotonda, delle dimensioni presso a poco di una moneta da due lire, di un colore leggermente paglierino, consistenti, a bordi netti, ed all'esame con la lente appariva la struttura a vacuoli, con qua e là dei granuli opachi.
Tre Membri della nostra Commissione, che insieme con altre tre persone partecipanti alla Cerimonia ebbero in questa mattina la Santa Comunione con una Particola di recente preparazione e successivamente con una Particola di quelle antiche, affermano di aver notato, per la seconda, il sapore proprio di farina grossolana di frumento, ed una maggiore resistenza in confronto con la prima Particola, all'atto dell'insalivamento e della deglutizione.
Immerso un frammento di Particola nell'acqua distillata, si vide rigonfiare. All'acqua, nella quale era stato immerso il frammento della predetta Particola, raccolta in vetro da orologio, vennero aggiunte due goccie di tintura sensibilizzata di lacca-muffa: dopo un po' di tempo si osservò - con uno schermo bianco sotto il vetro - una leggerissima tinta rosa-pallida, segno di reazione acida debolissima.
Un altro frammento di Particola, messo su lastra di platino, umettata con alcune gocce di soluzione acquosa satura di jodio, assunse rapidamente ed in toto un bel colore azzurro, prova non dubbia della presenza di amido normale nella Particola.
Tenuto conto del colore paglierino delle Particole, e di altri caratteri sopra indicati, si giudica essere le Particole fatte con una farina di frumento non finamente cribrata.
Concludendo rispondiamo ai quesiti:
1° - Le Particole - come dal campione esaminato - sono realmente costituite da una pasta contenente amido, idest il precipuo componente del pane azimo;
2° - Le Particole stesse sono in stato di buona conservazione».
Tale risultato documentava, a distanza di 184 anni, una loro perfetta conservazione quando, secondo le leggi di natura, al massimo, non si sarebbero potute mantenere integre se non per qualche anno.
L’avvenimento venne portato all’attenzione del Congresso Eucaristico Internazionale di Lourdes (22-26 luglio 1914) e nel 1917 con la stampa del volume "De Sacris Particulis ab anno 1730 in Senensi Basilica S. Francisci incorrupte servatis" del P. Agostino Ruelli, O.S.A., venne fatto conoscere, assieme all’intera documentazione d’archivio, all’intero Episcopato Cattolico.
In occasione della riscoperta del «Tesoro Eucaristico» il P. Spée si chiedeva: «Perpetuerà Gesù il miracolo? Grande mistero! Saremo meritevoli di possederle per sempre? L'abbiamo finora conservate, ma chi l'avrà fatto meglio? Noi o Gesù? Certamente Lui, Gesù! Io prego e spero che dalle Sacre Particole, racchiuse in questo Tabernacolo, venga suggerita al mondo una nuova mentalità e una pace duratura» (era allora già prevedibile l’esplosione della Prima Guerra Mondiale).
Successive Ricognizioni :
- Il 3 giugno 1922, in occasione del trasferimento dalla Pisside ad un nuovo artistico Ostensorio.
- Nel 1944 l’Arcivescovo Mario Toccabelli (1935-1961) rinnova i sigilli per il deterioramento del nastro; e nel 1950, dopo una breve traslazione delle SS. Particole in una pisside, il 23 settembre le pone in un nuovo Ostensorio che le rende più visibili.
- Il 6 agosto 1951 avviene un nuovo furto del prezioso contenitore, mentre le Ostie vennero accantonate in un angolo del Tabernacolo, subendo poi le analisi scientifiche della Polizia per ricavarne le possibili "impronte" dei ladri, tanto che poi dovettero essere ripulite "una ad una" (con una penna di pollo) dalle polveri azzurrognole usate per il rilevamento delle impronte.
- Il 10 giugno 1952 vengono controllate di nuovo prima di essere riposte nell’Ostensorio ricostruito su modello di quello trafugato.
- Il 10 settembre 2014, ricevuto il consenso della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’Arcivescovo Antonio Buoncristiani, nella ricorrenza del centenario delle Analisi Scientifiche (1914) che avevano reso noto al mondo cattolico l’esistenza di tale "prodigio", ha ritenuto opportuno procedere ad una nuova Ricognizione limitandosi ad eseguire alcuni esperimenti scientifici "non invasivi" che ne potessero documentare la perfetta conservazione e la totale assenza di contaminazioni microbiche.
Tutto questo è stato accuratamente verificato, ponendo l’interrogativo di "cosa voglia dire" alla nostra fede un prodigio eucaristico tanto straordinario di una così persistente "Presenza".
ALLEGATO: Dalle note del Chimico prof. Siro Grimaldi
Sorvolo su atti a tutti noti, consacrati nel verbale depositato alla Curia Arcivescovile…
L'Arcivescovo toglie i suggelli integri, genuini e legittimi della ricognizione dell'anno 1854, alla S. Pisside; il coperchio è di cristallo incastonato d’argento; il mastice, che doveva completarne la chiusura, si era in parte distaccato; l'aria aveva avuto luogo di penetrare e circolare liberamente nell'interno della Pisside; le pareti interne del cristallo del coperchio erano disseminate di macchioline bianco-verdastre che, all'esame organolettico e microscopico, risultano evidentemente formate di muffe (ifomiceti), le quali hanno avuto modo di allignarsi nel cristallo; le SS. Particole (il pane, il più favorevole, prediletto e migliore terreno di cultura dei microrganismi) ne sono perfettamente e completamente immuni.
Ė strano; è sorprendente; è anormale; le leggi della natura si sono invertite: il vetro è diventato sede di muffe; il pane azzimo è stato invece più refrattario del cristallo. Agli increduli, la spiegazione del fenomeno; io mi limito alla constatazione del fatto.
Al Chimico, l'incarico di giudicare le SS. Particole quali «Materia», e, come se il compito fosse di natura sua poco arduo per l'analista, cui non era neppur concessa facoltà di toccarla, gli si imponeva altresì di assodare che non vi fosse stata sostituzione e, nella più favorevole delle ipotesi, di accertare che la integrità non avesse tratto origine dalla presenza di agenti di conservazione.
Mi ero proposto una analisi completa. Le determinazioni dell'azoto, degli idrati di carbonio, delle sostanze grasse, delle sostanze solubili, della cellulosa, delle ceneri, dell'umidità, ecc. mi avrebbero indubbiamente condotto alla composizione chimica del pane azzimo. […] Fui costretto a limitarmi a sole tre pure e semplici reazioni, e queste, compiute per il tramite delle mani dell’Arcivescovo; reazioni però esaurienti, che non lasciano adito al dubbio, perché chiaramente dimostrano che le SS. Particole sono formate di pane e che la loro conservazione, dopo quasi due secoli, è perfetta e completa.
Procediamo con ordine:
1) Esame organolettico e microscopico ed azione dell’acqua;
2) Azione della soluzione sensibilizzata di laccamuffa;
3) Azione della soluzione acquosa satura di jodio.
Le SS. Particole non sono dischi di pergamena animale o vegetale, di cartone, e simili; sono bensì ostie o cialde, delle dimensioni approssimative di un moneta d'argento da due lire; di un bianco paglierino; contenenti qua e là disseminati alcuni evidenti i frustuli cruscali, come se composte di farina di frumento grossolanamente stacciata; lucide e lisce per il glutine e per l'amido contenutovi; consistenti; a bordi netti, non sfrangiati, né smussati; integre; prive di tarli, di acari, di ragnateli, di muffe, e di qualsiasi altro parassita animale e vegetale.
Immersi alcuni frammenti nell'acqua distillata, tardano, a guisa del pane secco e della galletta ad un imbeversi nel modo stesso che tardano anche ad insalivarsi; poi, poco a poco, si rigonfiano, e successivamente si comportano come le ordinarie particole e cialde da uso terapeutico.
I caratteri macro-microscopici ed il comportamento fisico-chimico di fronte all’acqua, escludono ogni e qualsiasi più lontana ipotesi di sostituzione.
L'azione della soluzione sensibilizzata di laccamuffa sull'acqua d'immersione dei predetti frammenti, esclude tanto la fermentazione acida o lattica, quanto la fermentazione alcalina od ammoniacale; nel quale ultimo caso, la tintura di laccamuffa avrebbe avuta una netta e decisa colorazione azzurra, nel modo stesso che, nel primo caso, avrebbe acquistata pronunziata colorazione rossa.
Né putrefazione, né inacidimento; né profonda, né iniziale alterazione naturale; la soluzione sensibilizzata di laccamuffa acquista quella leggera colorazione rosea, che appunto assume l'acqua distillata nella quale sia stato immerso il pane azzimo, le ostie e le cialde di recente preparazione. Conclusione: conservazione completa e perfetta.
Le SS. Particole sono, dopo quasi due secoli, senza difetti, escluso perfino quello ipotetico autosuggestivo di «stantio» che la precedente ricognizione dell'anno 1799 compiuta da sacerdoti, i quali omisero il mezzo tecnico dell’accertamento positivo, ritenne di rilevare per mezzo della degustazione […]
S. E. l'Arcivescovo dispone un frammento delle SS. Particole sopra la mia spatola di platino : vi faccio cadere due gocce di soluzione acquosa di jodio; tutto il frammento diviene, in un attimo, completamente, intensamente azzurro; ergo, «il caposaldo»: il precipuo componente delle SS. Particole, è precisamente l’amido, la base predominante fondamentale del pane.
NESSUN SAPORE DI STANTÍO
Lo «stantìo» per le sostanze amidacee, equivale al «vieto» per le sostanze grasse, allo «spunto» per le bevande alcooliche etc., e nel significato chimico-bromatologico è caratteristica di «iniziale alterazione naturale per fermentazione acida», nel modo stesso che nel riguardo speculativo più lato significa che «per il troppo tempo ha perduto la sua perfezione».
L'alterazione più frequente che subiscono le ostie o cialde, alla stessa guisa delle paste alimentari, non che della stessa genuina farina di frumento, è l'inacidimento, il quale dipende in parte dall'umidità dei locali nei quali vengono conservate, e soprattutto dalla deficiente essiccazione.
Ė ormai acquistato dalla Scienza che, l'inacidimento della farina di frumento e dei suoi derivati dipende dalla presenza di microrganismi - da una fermentazione microbica.
- L'umidità produce la moltiplicazione di questi esseri microscopici, i quali ne alterano l'odore, il sapore e le proprietà fisiche, sviluppando un odore ed un sapore acido, che le rende inservibili.
L'inacidimento iniziale (stantìo, riscaldamento) delle ostie o cialde è dovuto quindi ad una speciale fermentazione microbica,, alla quale soggiacciono, quando non sono bene essiccate, e dalla quale vien messo in libertà acido lattico ed altri composti non ancora bene definiti. Le ostie o cialde inacidite, alla stessa guisa anche delle paste inacidite, hanno una tinta non più uniforme, ma chiazzata, l'odore è acre e pungente, il sapore acido, amarognolo, sgradevole.
Il 10 Giugno 1914, sperimentalmente dimostrai che questa fermentazione acida o lattica, sia pure iniziale, non esiste; il comportamento della soluzione sensibilizzata di laccamuffa ne fu chiara dimostrazione; le SS. Particole esercitarono quella medesima azione che esercitano il pane azzimo, le ostie o cialde, la pasta alimentare da minestra, ed anche la stessa farina di frumento, di recente preparazione, sopra quel classico indicatore che è la laccamuffa o tornasole.
Le SS. Particole sono di un bianco paglierino, contenenti qua e là disseminati alcuni evidenti frustoli cruscali; ma non sono chiazzate; non hanno odore acre e pungente; non hanno sapore acido-amarognolo sgradevole; presentano all'opposto le caratteristiche delle particole di recente preparazione, anzi sono assai più consistenti di queste'ultime, ed hanno l'odore ed il sapore caratteristico del così detto pane casalingo e del pane integrale.
Se effettivamente nella ricognizione dell’anno 1799 le SS. Particole fossero state deteriorate dal presupposto-ipotetico-autosuggestivo «stantìo» ne sarebbe naturalmente e necessariamente derivato, che il processo della iniziale fermentazione acida o lattica avrebbe progredito la sua azione, e ne sarebbe conseguito che nelle successive ricognizioni l'acidità si sarebbe palesata evidente anche agli occhi del profano, per l'odore acre e pungente, e per il sapore acido amarognolo sgradevole; che le SS. Particole sarebbero risultate chiazzate; che avrebbero perduto della loro consistenza ed integrità; che avrebbero dato origine a parassiti animali e vegetali, quali acari, tarli, reticolati lievissimi come ragnatele, muffe, etc. ed ai loro detriti; in modo che nella ricognizione dell'anno 1914, non si sarebbe rinvenuto altro che il prodotto finale della putrefazione di tutto quest'insieme, della materia prima cioè e dei suoi parassiti.
Gli eminenti sacerdoti ai quali fu affidato l’onorifico incarico di compiere la ricognizione dell’anno 1799, evidentemente non bene si espressero, ed attribuirono impropriamente il nome di «stantio» al sapore di pane casalingo o di pane integrale, anche attualmente posseduto in modo caratteristico dalle SS. Particole.
Le SS. Particole, ripeto, sono effettivamente pane azzimo perfettamente e completamente conservato da quasi due secoli, e per il troppo tempo non hanno perduto la loro perfezione; sono anzi classico e meraviglioso esempio di quella perfezione fisico-chimica, sulla quale neanche il tempo è capace di esercitare l'opera della naturale trasformazione della materia.
Sono a tutti note le fasi della incustodia delle SS. Particole dall’Agosto 1730 a tutt'oggi. I documenti storici esistenti nella Curia Arcivescovile dimostrano che né le fasi dell'atto sacrilego, né il contatto con le ragnatele, con la polvere e con l'obolo della carità, raccolte in strano connubio nella cassetta delle elemosine della Chiesa di Provenzano; né il prolungato soggiorno entro un corporale dapprima e successivamente entro un calice E persino entro un a cassetta di legno foderata all'interno di carta colorata né la permanenza in un ciborio scavato entro un muro; né la involontaria, ma non per questo meno violenta aria alla riapertura della S. Pisside in Piazza Provenzano; né le ripetute enumerazioni delle SS. Particole dalle reverendissime, ma non per questo antisettiche mani di eminenti sacerdoti; né la libera circolazione dell'aria; né il più o meno diretto contatto con le muffe non hanno conseguito, per lo spazio di circa due secoli, la finalità, non solo di corromperle, ma neppure di comunicare e trasmettere il minimo difetto e di inoculare la minima traccia di alterazione. […]
Nella solenne ricognizione del 10 Giugno 1914 le SS. Particole furono dalla S. Pisside travasate in diversi recipienti indubbiamente non asettici; enumerate da pie, ma non asettiche mani; quasi compresse nell’angusta Pisside per facilitarne l'assestamento. Ma non basta! Mi sia infatti permesso di registrare che, a causa della elevata temperatura che venne a condensarsi nell'Oratorio del Seminario Arcivescovile, annesso alla Basilica di S. Francesco, anche le benefiche mani del nostro Arcivescovo, erano madide di sudore, tanto che una delle SS. Particole, sulla quale condensava tutta la profonda sua contemplazione, si era inumidita in modo tale, che l'igienista Prof. Simonetta espresse il consiglio di farla consumare. Nella illuminata sua fiducia nel divin potere l'Arcivescovo non rimase neanche un attimo perplesso, e, collocando anche questa tra le altre entro la S. Pisside, aggiunse: c’é il Signore e basta lui! Evidentemente il passato, non forse dissimile dal presente, è garanzia del presente e del futuro per chi vive di fede.
Ė dunque innegabile che da quasi 187 anni noi stessi abbiamo seminati i germi, ed introdotte tutte quelle favorevoli condizioni, che dovrebbero favorire la corruzione delle SS. Particole. Il travasamento, il contatto, il conteggio, la immissione delle muffe e dell’umidità, etc. … costituiscono il substrato di corruttibilità che vi abbiamo, sia pure involontariamente, apportato. E si noti che sebbene naturalmente io nulla possa testimoniare a proposito delle precedenti cinque ricognizioni, pure è presupponibile che non saranno state certamente minori queste patenti cause di contaminazione e di inquinamento.
Allorquando nelle future ricognizioni delle SS. Particole si sarà riconfermata, come crediamo, la loro incorruzione, avremo in pari tempo la tangibile prova di un grado progressivo della loro incorruttibilità.
In seguito ad un’ulteriore ricognizione avvenuta il 3 giugno 1922, in occasione del trasferimento delle SS. Particole dalla Pisside ad un nuovo artistico Ostensorio, lo stesso Prof. Grimaldi scriveva:
Procedutosi all'apertura dell'antica Pisside, fu accertato che il coperchio conico di cristallo, a causa della frastagliata sua smussatura ai bordi, non chiudeva che in modo assai imperfetto; tanto è vero che sulla parete interna del cristallo stesso fu, anche nell'attuale Ricognizione, riscontrata presenza di pulviscoli, di peli e di disseminate macchioline bianco-verdastri di muffe, formatesi nuovamente nel corso dei predetti otto anni, a causa dell'aria atmosferica che, all'evidenza, ha potuto penetrare e circolare liberamente nella Pisside.
Al seguito di tale accertamento, non poteva fare a meno di produrre profondo stupore e sorprendente maraviglia, il perfetto stato di completa conservazione delle enumerate 224 SS. Particole (più alcuni frammenti), che per la loro consistenza, spessore, solidità, struttura, ed integrità, non offrivano sensibili differenze dalle particole di estemporanea fattura; ad eccezion dell'ormai ben noto color giallo paglierino, e della presenza dei frustoli cruscali, caratteristiche specifiche delle SS. Particole, che stanno a denotare la loro provenienza da farina di frumento sobriamente stacciata, razionalmente usata due secoli or sono per la normale preparazione dell'ottimo e sano pane casalingo, quasi integrale, d'allora, vero e legittimo rappresentante della farina di grano, assai più gustoso e nutritivo dell'attuale scipito pan bianco, supposta condizione essenziale della bontà del pane, erroneo risultato della deplorevole moda, più a soddisfazione di vanità che del naturale appetito, attualmente dilagata, e purtroppo radicata, a danno dello stomaco e della borsa dei popolo.
Dal tatto, dalla consistenza, dalla resistenza, dalla solidità, dalla opacità, dalla struttura e dalla totale assenza di sfarinatura, di tarlatura e di parassiti animali e vegetali, si pone in singolare evidenza il perfetto e completo stato di integra prodigiosa e portentosa conservazione delle SS. Particole.
Nella prova di degustazione, ebbi nuovamente luogo di riconfermare, quanto sperimentalmente dimostrai otto anni or sono, che cioè tardano ad insalivarsi per il loro stato di siccità, e che successivamente presentano e posseggono il sapore proprio caratteristico - sui generis - del pane azzimo di farina di frumento quasi integrale, senza alcun sensibile ed apprezzabile difetto, compreso il presunto autosuggestivo sapore di stantio di ormai cancellata memoria.
Nella soluzione acquosa satura di jodio, per la ricerca e caratterizzazione dell'amido, il reattivo non solo produsse pronunziatissima colorazione azzurra, ma anche di uguale intensità e tonalità, tanto sopra la particola non consacrata di estemporanea fattura, quanto sopra una mezza S. Particola, evidenziando l’identica abbondante presenza del precipuo e predominante componente del pane, l'amido, in ambedue le Particole.
Soddisfatto, anzi saturo dei complimenti, sia pure immeritati, rivoltimi dai Principi della Chiesa, uscivo dalla Cappella del Seminario, allorquando il carissimo ed ottimo mio amico, Fra’ Fortunato, l'infaticabile Custode della Basilica, il vero e legittimo rappresentante caratteristico della Fede, mi investe con la consueta simpatica sua rude franchezza, esclamando viso a viso: «Ė ormai tempo di smetterla e di farla finita! Il Santissimo, per sua norma e regola, caro Professore, non si esamina con la lente d'ingrandimento, né si analizza con i chimici reattivi; bensì si adora e si venera genuflessi, prostrati, curvata la fronte. L'ha capita una buona volta?!!! ».
News - La storia del Prodigio Eucaristico