L’evento “Il senso della vite. Il vino tra storia e sostenibilità” si è tenuto domenica 12 marzo 2023 a Montalcino e ha visto fra i suoi promotori il Consorzio del Brunello, oltre al Comune di Montalcino, all’AIAB (Associazione Italiana di Agricoltura Biologica), all’Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa- Montalcino e all’Opera Laboratori, che gestisce la struttura che ospita l’importante spazio museale.
Dopo l’introduzione di Stefano Di Bello, Cultural Manager presso Opera Laboratori Fiorentini che ha spiegato il perché della scelta del Tempio del Brunello, ed i saluti di Silvio Franceschelli, Sindaco di Montalcino e David Bussagli, presidente della Provincia di Siena, Pino Di Blasio della redazione di Siena de La Nazione ha gestito lo spazio “Il vino e la sostenibilità, un binomio vincente”. Giuseppe Romano, presidente di AIAB ha sottolineato l’importanza delle biodiversità presenti nel territorio ed al ruolo prezioso svolto dai boschetti che caratterizzano le colline prevalentemente segnate da vigne e uliveti e di come si vadano diffondendo le aziende “bio” la cui produzione è garantita dai frequenti controlli. Fabrizio Bindocci, presidente del consorzio del vino Brunello parlando del Disciplinare ministeriale ha affermato “produzione contenuta ma eccellente” ed anche come il trattamento della forza lavoro sia una carta vincente in tutto il processo.
L’incaricato diocesano del servizio per l’Ecumenismo ed il Dialogo Interreligioso dell’Arcidiocesi, il diacono Renato Rossi, ha quindi gestito lo spazio “Il vino nei secoli tra due religioni. Cristianesimo ed ebraismo”. Dopo un escursus sulla vite, a partire dai resti fossili di 200 milioni anni fa nel Caucaso e a un milione in Europa, attraverso il neolitico che vede risalire a 5 mila anni fa la coltivazione in mesopotamia fino all’età del bronzo in Italia – a Chiusi sono stati trovati semi di vite selvatica e coltivata tremila anni fa – a sottolineare il legame della pianta con l’uomo sin dalle sue origini, ha accennato alla presenza del vino nella dimensione religiosa dell’uomo, forse proprio a motivo dell’ebbrezza che provocava: “Ecco Dionisio, Fufluns per gli etruschi, Liber, Shesmu, Bacco e le feste orgiastiche a loro dedicate. È sempre un problema di equilibrio, un bicchiere di troppo può fare la differenza e ce ne accorgiamo per le troppe vittime giovani che il sabato notte inconsapevolmente buttano la propria vita”. Il rabbino capo di Firenze e Siena Gadi Piperno ha successivamente toccato alcuni passi tratti dalla Bibbia, patrimonio comune anche ai cristiani, evidenziando benedizione e maledizione dal vino, il peccato di Noè e quello di Lot ubriachi in contrasto con Melchisedek re di Salem che offre a Dio pane e vino e benedice Abramo che offre la decima. Certo il vino è presente nella preghiera e nelle benedizioni e deve essere prodotto quindi per fini nobili, ha continuato il rabbino ricordando i quattro calici che si consumano a Pesach, la Pasqua ebraica. Il card. Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino e vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, ha iniziato il suo intervento dicendo che se Gesù avesse attraversato queste contrade avrebbe detto “la vigna è molta” e non la messe, considerate le vigne che caratterizzano in continuità il territorio di entrambe le diocesi. “È proprio sul vino il primo dei sette segni che Gesù compie, come ci viene raccontato da Giovanni nel suo vangelo” ha affermato l’arcivescovo parlando delle nozze di Cana collegandolo al Cammino sinodale che la Chiesa Cattolica ha intrapreso da due anni ormai per desiderio di papa Francesco. L’attenzione al contesto in cui si vive è essenziale, non ci sono fatti che non ci riguardano, anzi bisogna farsene carico, ecco allora che l’esperienza religiosa o salva o distrugge. Non poteva quindi non soffermarsi sulla Cena del Signore ed alla presenza del pane e del vino che diventano Corpo e Sangue di Cristo, cibo e bevanda per la nostra vita.
Sono state poi presentate alcune caratteristiche del vino Kosher usato dagli ebrei e il vino da messa di noi cattolici. L’azienda Fabio Tassi produce vino kasher a Montalcino e tutto viene fatto da due rabbini che vengono periodicamente da Roma, prendeno in carico le uve vendemmiate e diraspate ed eseguono tutte le fasi fino all’imbottigliamento utilizzando solo strumentazione dedicata. “Per prima cosa ci assicuriamo della presenza dei sigilli che abbiamo posto ai silos l’ultima volta e poi facciamo quello che c’è da fare”, ha detto il rabbino Levy Meyer. In conclusione Renato Rossi ha ringraziato il rabbino e l’arcivescovo con l’auspicio “a vite ad Vitam” con il quale aveva iniziato lo spazio e con un riferimento alla sura 47 del Corano – sappiamo tutti del divieto per i musulmani di bere alcolici, vino compreso, certamente per i suoi effetti deleteri in caso di abuso – che afferma la presenza nel giardino del paradiso di quattro fiumi: acqua incontaminata, latte inalterabile, miele purificato e vino delizioso da bersi.
L’evento si è concluso con la degustazione dei vini.