Domani mattina la famiglia siriana El Nezzel con il piccolo Mustafa, il papà Munzir, la mamma Zeynep e le due sorelline si recheranno per la prima volta in visita alla città di Budrio (BO) dove a breve si trasferiranno per iniziare il percorso definitivo di inserimento e per avviare le cure nel centro protesi Inail di Vigorso di Budrio, polo d’eccellenza a livello europeo.
Ad accompagnarli sarà presente Don Vittorio Giglio, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Siena-Colle di Val D’Elsa-Montalcino, che insieme alla Caritas diocesana si sta occupando – dal gennaio di quest’anno – di assistere la famiglia.
La tappa principale della visita sarà quella dell’incontro con il primo cittadino di Budrio, Maurizio Mazzanti, e con tutti i referenti sul posto che si occuperanno della famiglia.
La presenza della famiglia El Nezzel a Budrio è il primo passo per il suo trasferimento da Siena nella cittadina alle porte di Bologna dove potranno iniziare anche un percorso di integrazione dal lavoro, alla scuola per i bambini. Tutto questo grazie alla grande disponibilità e collaborazione del Comune di Budrio e della Città metropolitana di Bologna.
Al Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio – appena possibile – inizierà il percorso verso una nuova vita per Munzir e Mustafa, padre e figlio mutilati dalle bombe in Siria. Saranno, dunque, accolti a Budrio dove poi inizierà il loro viaggio verso una nuova normalità.
“Questa prima visita – spiega Don Vittorio Giglio – è il primo passo per il trasferimento dalla nostra città a Budrio. Lo stiamo facendo ora perché il Covid non ha risparmiato la famiglia siriana e questo ha logicamente rallentato tutto. Questi mesi a Siena sono serviti comunque per approfondire il loro stato di salute grazie alla collaborazione professionale e straordinaria dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Senese che non ci ha fatto mai mancare il sostegno. Un ringraziamento particolare al prof. Antonio Davide Barretta, direttore generale dell’AOU Senese e a tutto il personale”.
“Grazie agli operatori della Caritas diocesana – aggiunge – abbiamo utilizzato questi mesi per iniziare un lavoro di inculturazione della famiglia con il loro nuovo mondo «italiano», che sono sicuro proseguirà a Budrio”.