Sul Sagrato della Basilica di San Pietro, Papa Francesco ieri ha presieduto la Celebrazione Eucaristica e il Rito della Canonizzazione per dieci nuovi Santi. Al rito in Piazza San Pietro è stato presente anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Tra i nuovi santi, cinque italiani, tre francesi, un indiano e un olandese. Si tratta di sei uomini e quattro donne: Titus Brandsma (1881-1942), Presbitero professo dell’Ordine Carmelitano, martire; Lazzaro detto Devasahayam (1712-1752), laico, martire; César de Bus (1544-1607), presbitero, Fondatore della Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana (Dottrinari); Luigi Maria Palazzolo (1827-1886), Presbitero, Fondatore dell’Istituto delle Suore delle Poverelle – Istituto Palazzolo; Giustino Maria Russolillo (1891-1955), Presbitero, Fondatore della Società delle Divine Vocazioni e della Congregazione delle Suore delle Divine Vocazioni; Charles de Foucauld (1858-1916), Presbitero; Marie Rivier (1768-1838), vergine, Fondatrice della Congregazione delle Suore della Presentazione di Maria; Maria Francesca di Gesù Rubatto (1844-1904), vergine, Fondatrice delle Suore Terziarie Cappuccine di Loano; Maria di Gesù Santocanale (1852-1923), vergine, Fondatrice della Congregazione delle Suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes; Maria Domenica Mantovani (1862-1934), vergine, Cofondatrice e prima Superiora Generale dell’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia.
Al momento della proclamazione un lungo applauso in Piazza e ovazione dalle migliaia di fedeli presenti.
Dopo la proclamazione del Vangelo il Papa ha pronunciato l’omelia. “La santità – ha detto Francesco – non è fatta di pochi gesti eroici, ma di tanto amore quotidiano. Sei una consacrata o un consacrato? – ce ne sono tanti, oggi, qui – Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato o sposata? Sii santo e santa amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore, una donna lavoratrice? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli, e lottando per la giustizia dei tuoi compagni, perché non rimangano senza lavoro, perché abbiano sempre lo stipendio giusto. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Dimmi, hai autorità? – e qui c’è tanta gente che ha autorità – Vi domando: hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali. Questa è la strada della santità, così semplice! Sempre guardare Gesù negli altri”.
Durante l’omelia in occasione della Celebrazione Eucaristica e il Rito della Canonizzazione per dieci nuovi Santi in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha spiegato la ‘sua idea di santità’.
Il Santo Padre ha invitato a una conversione sull’idea che spesso abbiamo di santità. A volte, insistendo troppo sul nostro sforzo di compiere opere buone, abbiamo generato un ideale di santità troppo fondato su di noi, sull’eroismo personale, sulla capacità di rinuncia, sul sacrificarsi per conquistare un premio.
È una visione a volte troppo pelagiana della vita, della santità.
Così abbiamo fatto della santità una meta impervia, l’abbiamo separata dalla vita di tutti i giorni invece che cercarla e abbracciarla nella quotidianità, nella polvere della strada, nei travagli della vita concreta e, come diceva Teresa d’Avila alle consorelle, ‘tra le pentole della cucina’. Essere discepoli di Gesù e camminare sulla via della santità è anzitutto lasciarsi trasfigurare dalla potenza dell’amore di Dio. Non dimentichiamo il primato di Dio sull’io, dello Spirito sulla carne, della grazia sulle opere. A volte noi diamo più peso, più importanza all’io, alla carne e alle opere. No: il primato di Dio sull’io, il primato dello Spirito sulla carne, il primato della grazia sulle opere”.
Papa Francesco ha aggiunto: “E poi dare la vita, che non è solo offrire qualcosa, come per esempio alcuni beni propri agli altri, ma donare sé stessi. A me piace domandare alle persone che mi chiedono consiglio: “Dimmi, tu dai l’elemosina?” – “Sì, Padre, io do l’elemosina ai poveri” – “E
quando tu dai l’elemosina, tocchi la mano della persona, o butti l’elemosina e fai così per pulirti?”. E diventano rossi: “No, io non tocco”. “Quando tu dai l’elemosina, guardi negli occhi la persona che aiuti, o guardi da un’altra parte?” – “Io non guardo”. Toccare e guardare, toccare e guardare la carne di Cristo che soffre nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle. È molto importante, questo. Dare la vita è questo”.
Il Santo Padre aveva premesso: “Al centro non ci sono la nostra bravura, e i nostri meriti, ma l’amore incondizionato e gratuito di Dio, che non abbiamo meritato. All’inizio del nostro essere cristiani non ci sono le dottrine e le opere, ma lo stupore di scoprirsi amati, prima di ogni nostra risposta. Mentre il mondo vuole spesso convincerci che abbiamo valore solo se produciamo dei risultati, il Vangelo ci ricorda la verità della vita: siamo amati. E questo è il nostro valore: siamo amati.
Servire il Vangelo e i fratelli, offrire la propria vita senza tornaconto – questo è un segreto: offrire senza tornaconto -, senza ricercare alcuna gloria mondana: a questo siamo chiamati anche noi”.
Il Papa ha sottolineato: “In concreto, che cosa significa vivere questo amore? Prima di lasciarci questo comandamento, Gesù ha lavato i piedi ai discepoli; dopo averlo pronunciato, si è consegnato sul legno della croce. Amare significa questo: servire e dare la vita. Servire, cioè non anteporre i propri interessi;
disintossicarsi dai veleni dell’avidità e della competizione;
combattere il cancro dell’indifferenza e il tarlo dell’autoreferenzialità, condividere i carismi e i doni che Dio ci ha donato. Nel concreto, chiedersi “che cosa faccio per gli altri?” Questo è amare, e vivere le cose di ogni giorno in spirito di servizio, con amore e senza clamore, senza rivendicare niente”.