Era il 16 luglio 1251 quando la Beata Vergine Maria apparve a padre Simone Stock, Priore generale dell’Ordine carmelitano, e consegnandogli lo scapolare, pronunciò le parole: <Prendi, figlio dilettissimo, questo scapolare del tuo Ordine, segno distintivo della mia Confraternita, privilegio a te e a tutti i Carmelitani. Chi morrà rivestito di questo abito non soffrirà il fuoco eterno; questo è un segno di salute, di salvezza nei pericoli, di alleanza, di pace e di patto sempiterno>.
La storia della famiglia carmelitana ha origini antichissime. Nel Primo libro dei Re dell’Antico Testamento si racconta che il profeta Elia raccolse una comunità di uomini sul Monte Carmelo (in aramaico<giardino>), vincendo la battaglia della fede contro i sacerdoti del dio Baal. Qui si stabilirono, poi, comunità monastiche cristiane ed i crociati nell’ XI secolo vi trovarono degli eremiti che si definivano seguaci di Elia e della regola di San Basilio. Fu edificata una chiesetta, dedicata alla Vergine, in mezzo alle celle dei religiosi, riuniti a vita cenobitica, che presero il nome di Fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo. I frati rimasero sul Monte Carmelo fino al 1235 circa, quando, per le incursioni dei saraceni, dovettero abbandonare l’Oriente e trasferirsi in Europa.
Le comunità carmelitane si diffusero, allora, nel vecchio Continente e con loro il culto alla Madonna del Carmelo, flos Carmeli, come viene definita in un bellissimo inno composto proprio da San Simone Stock, il Priore che, in età avanzata, ricevette lo scapolare e conobbe le grandi grazie che esso concede a chi lo indossa con fede.
Privilegi dello scapolare o abitino carmelitano sono, infatti, la salvezza eterna, la difesa dai pericoli durante il corso della vita ed il <privilegio sabatino>, cioè la concessione di entrare in Paradiso il primo sabato dopo la morte, a condizione di averlo portato con devozione, di appartenere alla Confraternita carmelitana, di aver vissuto una vita casta e recitato preghiere alla Vergine.
Dalla Galilea all’Occidente, all’Italia, soprattutto al Sud, la devozione a Maria flos Carmeli si propaga nel mondo e la festa liturgica continua, grazie soprattutto all’opera dei Padri carmelitani, presenti, per lungo tempo, anche nella nostra città .
A Siena, la Madonna del Carmelo si venera nella storica chiesa di San Niccolò al Carmine, in Pian de’ Mantellini, ed è qui che il 16 luglio di ogni anno viene celebrata la ricorrenza.
Anche quest’anno, dopo la preparazione alla festa con la recita del rosario, la celebrazione della S. Messa presieduta dal novello sacerdote don Giovanni Tondo e concelebrata dal parroco, Monsignor Gaetano Rutilo, il giorno della memoria liturgica, alle ore 18.30, ha avuto luogo una solenne Celebrazione Eucaristica, presieduta dall’ Arcivescovo Monsignor Augusto Paolo Lojudice, concelebrata da diversi sacerdoti, seguita dalla benedizione e dalla consegna dello scapolare .
Molti i fedeli presenti alla Santa Messa, animata da un bravissimo coro, raccolti intorno a Maria nella chiesa carmelitana, oggi usata anche come oratorio dalla contrada della Pantera, anch’essa presente con una rappresentanza.
L’Arcivescovo, nella sua omelia, dopo aver ricordato l’abbraccio di Monsignor Gaetano al momento del suo ingresso, giusto un mese fa, dopo aver salutato i sacerdoti (dal più giovane don Emanuele al più anziano Monsignor Enrico Furiesi) e i fedeli tutti , ha sottolineato il significato di essere presenti: omaggio a Maria, “sorgente” di questa città, dove ogni angolo, ogni luogo storico è espressione di fede.
E della Madonna ha indicato la sua umiltà, i suoi silenzi, la sua attenzione,il suo dolore non fine a se stesso, in cui c’è la prospettiva di gioia come in quello della madre che dà alla luce il proprio bambino.
A Maria che guarda il Figlio, che osserva, condivide la vita di ciascuno di noi, che vuole condurci a Gesù, dobbiamo chiedere l’intercessione con la nostra preghiera ed in Lei riporre la nostra speranza.